FOSSA COMUNE IN PIENO CENTRO A SAN GIOVANNI
Sono almeno dieci la salme rinvenute. Il parroco: «Necessari rilievi precisi»
ZAMBRONE Elias Norbert introduce il suo “Saggio sul tempo” con una storia significativa. Nel passato, racconta l’illustre sociologo, un gruppo di uomini salì su una torre sconosciuta. La prima generazione approdò al quarto piano. La seconda al settimo. I discendenti fino al centesimo. Poi la scala sprofondò e lì sistemarono fissa dimora. Essi costruirono la loro vita dimenticandosi di come vi fossero arrivati. Il sociologo, quindi, giunse alla seguente conclusione: «Gli inutili sforzi fatti sinora per risolvere un problema in fondo così semplice come è quello del tempo sono un ottimo esempio di quanto avviene allorché ci si dimentica del passato della società. Quando lo si ricorda, si scopre se stessi». Ci sono momenti, tuttavia, in cui è il passato stesso a riappropriarsi della sua funzione con prepotente caparbietà. E ciò è successo anche ieri, nella piccola frazione di San Giovanni. Il signor Antonio Tripodi durante un ordinario scavo nel suo lotto, sito al centro del paese, si accorge della presenza di alcuni resti umani. La circostanza lo induce ad avvisare i carabinieri della stazione di Zungri. Immediato e scrupoloso l’intervento del suo giovane comandante, Dario Randazzo. Solerte anche l’attività delle autorità che da una sommaria ricognizione accertano la presenza di almeno dieci scheletri. Probabile, che trattasi di una fossa comune molto datata nel tempo. Non si sbilancia la guida spirituale dei sangiovannesi, don Pasquale Sposaro, che, in merito, ha affermato: «Per avere risposte certe, circa la sua data e non solo, servirebbero, comunque, idonei e approfonditi rilievi». Tanto più se si considera che da una visura storica catastale si è appurato che un tempo il lotto in questione era di proprietà della diocesi di riferimento. Al riguardo va precisato come l’editto napoleonico di Saint Cloud del 12 giugno 1804, che imponeva la creazione di cimiteri pubblici da ubicare a distanza ragionevole dai centri abitati, non trovò ovunque immediata applicazione. A San Giovanni, ad esempio, il primo cimitero venne realizzato dalla Congrega Sacro Cuore di Gesù immediatamente dopo la sua costituzione (che risale al 21 marzo 1903), in un’area diversa da quella interessata alla scoperta in esame. Le fosse comuni, invece, venivano realizzate dentro le chiese o nelle loro immediate vicinanze. Improbabile, ma non impossibile, che essa fosse collocata nel contesto della chiesa patronale di Santa Marina Vergine. Gli edifici di culto dedicati alla Patrona e successivi al Settecento, distavano, infatti, dal luogo del ritrovamento qualche centinaio di metri. Va poi sottolineato che fino al 1725 era presente sul territorio anche un’altra chiesa consacrata a San Gennaro e, fino al 1795 un’altra cappella in onore di Sant’Anna. Non si può escludere, dunque, che la fossa comune fosse pertinente a uno dei due edifici di culto (sempre che i resti umani non siano ancora più datati nel tempo). La scoperta ha rilevato la presenza di almeno una lapide in pietra tufacea, priva di qualsiasi scritto. La circostanza non è in contrasto con la presunta scoperta di una fossa comune, in quanto al suo interno venivano talvolta inseriti anche tali manufatti. Attesa la scarna presenza di dati storicamente fondati, non si può nemmeno scartare, come ipotesi, che essa sia stata creata ad hoc per fare fronte a una delle tante epidemie di cui è attraversata la storia calabrese (tifo, febbre spagnola, etc). Alcuni scheletri sono stati rinvenuti l’uno sull’altro; frammenti di ossa umane, sparsi per il lotto. Almeno due i corpi di ragazzini individuati di primo acchito. Allo stato, sull’area non è stato emesso alcun provvedimento di sequestro. Tutte le autorità, compresa la Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria, sono state informate della scoperta. Giunto sull’appezzamento ubicato alla via Salvatore Quasimodo, anche Pasquale Landro, sindaco di Zambrone. L’area di che trattasi andrà comunque bonificata. Auspicabile, un approfondimento e uno studio accurato di tutti i dati scoperti. Unico strumento disponibile per restituire alla storia della comunità un tassello mancante. Elias Norbert ha scritto: «La civilizzazione non è ancora compiuta: é in divenire».
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 3 settembre 2010, p. 43