il corsivo
IL “DE PROFUNDIS” DEL TURISMO LOCALE
Fino pochi mesi fa si discuteva dei sistemi turistici locali, impianti di depurazione, consorzi di mare e monti. Inchiostro e tempo perso; ormai il patatrac si è rivelato con tutta la sua travolgente forza d’urto. Il turismo assomiglia sempre di più all’Araba fenice, tutti ne parlano, nessuno la vede. Ad onor del vero qualcosa s’intravede. Ma è così piccolo, quel qualcosa, tanto da richiedere un’osservazione microscopica. Lui, l’oggetto del desiderio di migliaia di imprenditori turistici e non, se ne è andato e non ritorna più. Lui, non è il Marco protagonista della storia d’amore cantata da Laura Pausini. Lui non è il deus ex machina capace di risolvere con un colpo magico tutti i problemi in un solo momento. Lui non è avaro, anzi è la generosità in persona. Lui è quello che accetta tutto, persino di stare un’ora e mezza in fila per degustare noti prodotti locali quali la birra made in Germania. Lui è paziente, non si arrabbia mai, nemmeno quando si ritrova imbottigliato in un parcheggio con una 127 rossa che ostruisce l’unica via di fuga. Lui non è un santo, ma un processo di beatificazione o prima o poi lo innescherà, perché non bestemmia nemmeno se paga un gelato tartufo sette euro. Lui non è antipatico, astioso, irriverente; tutt’altro, mostra sempre il lato migliore di sé, tanto da chiedersi se quello peggiore ce l’abbia o meno. Lui se ad esempio va a mare e vede chiazze di colore marrone sospette non si inalbera, perché da uomo di mondo, sa che può capitare. Lui se va a mangiare una pizza in un locale che dista poche centinaia di metri dal depuratore, con conseguente accompagnamento di nauseanti miasmi, non fa una grinza, perché sa che bisogna rispettare usi e tradizioni locali. Lui è venuto per riposare e quindi se intorno a sé l’offerta di promozione del territorio è mediocre, nemmeno se ne accorge. Lui partecipa ai mercatini locali e se per i manufatti dell’artigianato nostrano occorre sborsare il ricavato di una giornata lavorativa, sa che quello è il prezzo giusto. Lui sa che al termine della “vacanza” si troverà costretto a sostituire gli ammortizzatori dell’autovettura. Lui non ha nulla da obiettare se, una volta scoperto il museo paesano, si ritrova di fronte la fatidica scritta: “Chiuso per ferie”. Lui, col suo buonsenso, sa che l’ospitalità è andata a farsi friggere (in un mare di patatine congelate) e, quindi, manterrà nei confronti della popolazione indigena un tollerante atteggiamento di comprensione. Lui leggerà le dichiarazioni altalenanti degli amministratori locali con comprensibili sentimenti di smarrimento: un giorno allarmistici, un giorno rassicuranti. Misteri della comunicazione! Lui, l’anno prossimo, sarà seriamente sfiorato dall’ipotesi di trascorrere le sue vacanze in Croazia o in Grecia. Chissà perché! Lui è il “Turista”, ambito oggetto di desiderio del calabrese moderno. E già, perché in una provincia dalla forte vocazione turistica, la relativa industria continua a rappresentare un miraggio. Più o meno come Belen Rodriguez per il 99% dei maschietti italici. Sullo sfondo di tutto ciò, sagracce di ogni genere, mare marrone e prezzi decisamente sproporzionati all’offerta turistica. E poi tutti a chiedersi: “Ma perché questa crisi?”. L’idea giusta sarebbe quella di istituire un “Osservatorio sui problemi del Turismo”, con tanto di concorso pubblico e assunzione di almeno due o trecento diplomati e laureati che diano un supporto “serio” per superare le problematiche del settore. Rimane una sola opera che gli artisti indigeni devono realizzare al più presto. Il titolo è bell’e pronto: De profundis per il turismo locale…
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 9 agosto 2010, p. 17