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Con l’evoluzione dei costumi si dimenticano le antiche tradizioni
Una civiltà in balia dei cambiamenti
Vivere nell’ultima provincia d’Italia per qualità dei servizi e tessuto socio-economico, non è quasi mai “un buon affare”. Pur tuttavia, qualche vantaggio c’é. Può accadere, per quanti, ad esempio, si trovano ad attraversare le strade che costeggiano il territorio di Zambrone, di parcheggiare la macchina dove capita e arrampicarsi su impervie siepi per ammirare e fare scorpacciata di corbezzoli. Se altrove farsi assalire da paturnie ambientaliste è un lusso non sostenibile, qui è un fatto naturale e umano che può agevolmente ripetersi con periodica frequenza. In un tempo molto lontano tutti, a Zambrone, sapevano la ragione per cui la principale strada di collegamento tra il Capoluogo e la frazione più popolosa, San Giovanni, si chiamava “Cucummarara”. Oggi, le nuove generazioni, quelle nate dopo gli anni Settanta, la ignorano. Sono i tempi che cambiano e con essi si evolvono i costumi, anche quelli alimentari. I ragazzi del terzo millennio, spesso e volentieri, anche a Zambrone o nella provincia di Vibo Valentia, ignorano tutto quello che concerne la civiltà contadina. In pochi, ormai, conoscono, ad esempio, il periodo della vendemmia o della semina o della mietitura. Carenze, queste, un tempo inimmaginabili. Ciò denota: la tendenza generalizzata a “dimenticare”; il mancato sostegno pubblico teso a salvaguardare la memoria storica; il timbro retorico di molte iniziative all’uopo realizzate che, evidentemente, non colgono nel segno e stentano a raccogliere gli agognati risultati. Cosa sono i “Cucummari”? Nel vocabolario italiano sono classificati col nome di corbezzoli. La pianta che produce questo frutto appartiene alle regioni costiere mediterranee. E’ un arbusto ancora discretamente diffuso nel Vibonese, specie nei pressi delle località marine, fino all’alta collina dei settecento-mille metri. La pianta è un arbusto sempreverde, anche se può raggiungere le dimensioni tipiche di quella arborea. Il corbezzolo è anche chiamato “ceraso marino” o “albatro”. Il suo nome botanico è “Arbutus unedo”. La denominazione è opera di Plinio il Vecchio, il quale in questo modo faceva una chiara e soggettiva allusione alla scarsa gustosità del suo frutto. I romani attribuivano al corbezzolo, poteri magici. Virgilio, nell’Eneide, dice che sulle tombe i parenti del defunto erano soliti depositare rami di corbezzolo. Il significato di questa pianta è la stima. Data la rapidità di accrescimento, trova largo impiego nei rimboschimenti per finalità ambientali, protettivi e antierosivi. Nel settore florivivaistico il corbezzolo è usato per scopi ornamentali. Il sapore del frutto è estremamente dolce. Il suo colore, nella fase della maturazione, è rosso. Un tempo c’era la tendenza a utilizzare al meglio i prodotti della terra. Non si buttava nulla. Anche il corbezzolo non si sottraeva a questa regola. Raccontano le anziane massaie di Zambrone che verso la fine di ottobre di corbezzoli se ne raccoglievano una grande quantità. Da essi si ricavavano gustose marmellate, sciroppi, salse, da utilizzare poi durante l’anno. Le contadine più abili, riuscivano, perfino, a estrarre una specie di vino o di distillati con ricercate doti digestive. Le foglie venivano utilizzate in funzione astringente, antisettiche, antinfiammatorie e antireumatiche. Tutto questo mondo non c’è più. Sembrano passati millenni, eppure queste erano le soluzioni di vita adottate dai nostri avi appena qualche lustro addietro.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 19 ottobre 2006
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
frazione San Giovanni, Viale Antonio Gramsci numero 3 - 89867 Zambrone (VV) - Italia